Il tema delle reti da pesca abbandonate sul fondo del nostro lago mi sta da sempre particolarmente a cuore.
Solo pochi mesi fa ne ho personalmente recuperate alcune centinaia di metri dal fondale nei pressi del porto di Rivoltella, il ritrovamento di questi giorni è quindi una ulteriore occasione per tornare sull'argomento.
Una rete in nylon di queste dimensioni (normalmente oltre 500 metri di lunghezza per 2-3 metri di altezza) non è solamente un pericolo per i pesci e la fauna del nostro lago, ma anche una potenziale trappola mortale per le persone che si immergono nelle sue acque, subacquei e pescatori in apnea.
Queste reti nascono come strumenti per la pesca professionale, vengono calate dai pescatori (regolari e non) e poi di norma recuperate a distanza di alcune ore con all'interno il bottino di pesci che vi restano impigliati.
Per vari motivi capita che vengano perse o abbandonate, magari perché incagliate al fondale e quindi non recuperabili oppure perché danneggiate, rimanendo sul fondo o alla deriva per mesi se non addirittura anni.
In queste condizioni, oltre a continuare a catturare pesce che poi non viene recuperato e finisce per marcire in acqua, costituiscono una trappola invisibile da cui un subacqueo avrebbe serie difficoltà a liberarsi, non sarebbe la prima volta che qualche sfortunato perde la vita in questo modo.
Ritengo che interventi risolutivi su questo fronte non siano più rinviabili, se vogliamo evitare che si verifichino gravi incidenti in futuro.
Le soluzioni al problema passano da alcuni inevitabili interventi che dovranno essere necessariamente presenti all'interno del nuovo regolamento unico per la pesca sul Lago di Garda.
Innanzitutto un rafforzamento dei sistemi di segnalazione ed identificazione degli attrezzi per la pesca professionale, reti in particolare, che dovranno obbligatoriamente essere dotate di targhette identificative rilasciate dall'ente gestore con i dati e i recapiti del proprietario, oltre all'obbligo di utilizzo di sistemi GPS per la geolocalizzazione e il tracciamento delle reti in acqua.
Non è più accettabile l'impiego di rudimentali sistemi di identificazione come pezzi di polistirolo o bidoncini in plastica a discrezione del pescatore, che spesso vengono smarriti alla prima lagheggiata.
Le reti da pesca devono poi essere equiparate agli strumenti da caccia, con l'obbligo di custodia da parte del proprietario e di denuncia immediata in caso di smarrimento o impossibilità di recupero, in modo che possano essere attivati al più presto gli interventi necessari all'individuazione e al recupero della rete.
Infine il tema dei controlli, sempre troppo carenti soprattutto in lago aperto, magari prescrivendo a chiunque si trovi di fronte una rete priva dei sistemi di riconoscimento ed identificazione previsti di contattare gli enti preposti al recupero segnalandone la posizione.
Dopo anni di silenzio ed indifferenza su questo argomento ora ci sono le condizioni e la sensibilità per intervenire una volta per tutte in modo deciso ed efficace, attraverso modifiche normative per anni rimandate che possano fare veramente la differenza.
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